All’ombra della sessantunesima edizione del Festival di Sanremo ieri sera è partita l’ottava edizione dell’Isola dei Famosi. Più che partita direi solo iniziata perché non l’ho visto affatto partita, avviata. Tutti in un clima gelato. In primis la padrona di casa fin troppo emozionata, anzi oserei dire spaventata. Spaventata per paura di non deludere le grandi aspettative fin ora create, per paura di toppare perché non sempre “crederci sempre” ripaga. Ci ha creduto lei, molto, tanto da non temere la collocazione in controprogrammazione al Grande Fratello - che ormai ha dalla sua però i suoi 5 milioni fissi di aficionados da 18 settimane- volendo fortemente questa data come premier cadendo a 10 anni esatti dalla prima puntata della prima isola – quella del perfetto venerdì (oggi sarebbe giocare al massacro contro Zelig e con un pubblico,quello isolano, dedito alla movida del venerdì sera) –. Ci ha creduto un po’ meno l’azienda nell’accontentarla in questa ardua impresa di fare parlare di se, di vendere il prodotto, alla vigilia del Festival, nella settimana in cui gran parte dei programmi rai non hanno occhi al di fuori del festival. Andava tutelata la rinascita dell’Isola, così come l’aveva definita Supersimo. Invece è stata la morte di quest’isola , una triste morte perché si riesce ad asserire ciò senza il bisogno di guardare i dati auditel. Una Simona spaventata, impacciata, non rilassata, consapevole che la coraggiosa scelta fatta non l’avrebbe agevolata, anzi. È stata un’isola forzata, perché ce tocca magnà, ma non sentita: non sentito è il cast preso alla meno peggio di quel che offre oggi il mercato. Interessante comunque la trovata autoriale dell’apporto della categoria dei “parenti di”, un ulteriore modo per creare squadre, fazioni e schieramenti. Non a caso sin dall’inizio di puntata è la stessa Ventura a chiedere alle due opinioniste di punta, Alba Parietti e Vladimir Luxuria, per quale fazione facessero il tifo e, già lì si nota quanto stretti sono ormai quei panni per la gamba più lunga d’ Italia. Passare dal salotto di Vespa (da dove per altro è stata cacciata da Mazza) a quello di Supersimo beh il salto è notevole: non si sente meno di nessuno lì, si sente assolutamente a casa, tanto da tentare di far credere che la vera padrona fosse lei. Così facendo ha ulteriormente messo in luce il tangibile stato di ansia che aleggiava sulla Ventura che l’ha resa per l’intera puntata assolutamente spaesata. Con ciò si vuol dimostrare come nella vita bisogna crederci realmente in quel che si dice, e quindi credere realmente in quel che si vuol far credere. Non basta recitare un motto per non arrendersi.
lunedì 11 aprile 2011
COME NON SENTIRSI DI CASA...

Una ventura inutile. Già vista, già sentita. Non ha apportato al Senso della Vita di Bonolis quel pathos di cui necessitava. E dire che gli argomenti erano gli stessi delle interviste barbariche della Bignardi, con la sottile differenza che là, in quel di la7, fondamentalmente e dichiaratamente si cazzeggia, qua da Bonolis si tende a dare un certo tono presuntuosamente intellettuale, che di leggero ha ben poco. La Bignardi è senza pretese e, questa sua aria da “come viene si racconta” la trasferisce inevitabilmente al suo ospite. Bonolis invece infonde l’effetto contrario: spaventa, intimorisce, è una presenza macabra che aleggia sull’intervistato invitandolo a vomitare un nonsoche di filosofico, di impegnativo, di “ecco il senso della vita!”. L’intervistato è spaventato, col patema d’animo, pensa di dover fare i conti con un intervistatore che ne sa già a priori più di questi. E pensa bene perché leggermente è così. Infatti Il Senso della Vita è una trasmissione con pretese, e proprio la pretesa nuoce a una trasmissione. La stessa Simona Ventura ne sa qualcosa. Quando sponsorizza una fantomatica rinascita dell’isola, automaticamente questa floppa; quando sbarca sull’isola senza la pretesa del salva-ascolto ma con il solo auspicio che questo accada, allora va bene. Il discorso è che vale sempre la regola del “chi si loda s’imbroda”. E quindi cosa è accaduto questa sera su canale 5? Una Ventura tesa, spaventata nel poter dire qualcosa che di spessore avesse ben poco, decontestualizzato in quell’ambiente bonolissiano che per altro, altro non era di quanto già sentito in altri salotti. Ma ecco: se altrove il telespettatore era rapito,incuriosito nel vedere chiacchierare della loro vita due amiche sedute sul proprio divano di casa, ora il telespettatore era empaticamente teso come la Ventura, a disagio nel parlare della sua vita, di quel che è stato, che è e che sarà in un ambiente non familiare, anzi del tutto estraneo. Come estraneo resta al telespettatore.
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